Industria Aeronautica – La filiera campana: le imprese più a rischio
Come sarà la filiera europea dopo la pandemia? Il punto di vista degli analisti e specialisti del mondo aeronautico.
REPORT
. Le aerostrutture sono il segmento più a rischio perché frammentato e perché ha subito una pesante diminuzione dei margini prima della crisi.
. Il 20% dei fornitori di livello inferiore rischia l’uscita dal mercato.
Il traffico aereo lentamente si riavvia, l’industria aerospaziale dopo la brusca interruzione dovuta al COVID-19 dovrà comunque ripartire, e ritrovare quindi un diverso equilibrio.
Forse questo momento può essere utile per rivedere analisi e rimodulare gli scenari e le previsioni di un mercato che subirà profondi cambiamenti.
La prima sfida per i produttori sarà di misurarsi con i nuovi paradigmi della sicurezza e sanificazione, con i costi e il calo della domanda, e con i tagli del 30-50% della produzione di grandi aerei commerciali.
Nel mese di giugno, Airbus dovrebbe aggiornare i suoi piani di produzione a medio termine per i suoi narrowbody e widebody, mentre Boeing invece non ha ancora annunciato il suo programma di aggiornamento.
Tutti prevedono che entrambi gli OEM dell’aeronautica taglieranno ancora i ratei mensili di produzione dopo che avranno definito con i loro fornitori Tier1 un diverso modello produttivo che tenga conto di uno scenario che potrebbe ancora cambiare radicalmente nei prossimi mesi.
Due sono gli aspetti principali che almeno finora sono emerso in alcuni webinar sul tema:
. I fornitori attendono maggiori indicazioni, ma sono probabilmente ancora troppo ottimisti.
. Il 20% dei fornitori di livello inferiore potrebbe uscire da A&D.
Quali aziende sono veramente a rischio?
Tutti gli analisti convergono che le imprese aeronautiche che rischiano maggiormente di uscire dal mercato sono le aziende delle aerostrutture.
Il segmento è stato eccessivamente frammentato e nel tempo, già molto prima della crisi, ha subito una diminuzione dei margini di profitto. Sono a rischio i fornitori di componenti e le imprese di manutenzione, riparazione e revisione dei grandi aerei civili, in particolare per i wide-bodies e per tutti quei velivoli più anziani prossimi al “pensionamento”.
Tutti i fornitori sono più o meno esposti, Boeing e la sua filiera sono più vulnerabili di Airbus e della sua supply chain, sia perché la produzione del MAX è praticamente nulla, sia perché ci sono circa 800 737 “White Tail”, oltre gli aerei in attesa di consegna ai clienti.
I grandi costruttori dovranno fare i conti non solo con il calo della mobilità dei passeggeri che ridurrà le richieste degli aeromobili, ma anche con il ridimensionamento degli ordini conseguente all’aggressività commerciale delle società di Aircraft lease che in questi anni hanno enormemente esteso le loro flotte di velivoli.
AEROPOLIS propone ai suoi lettori alcuni dei punti di maggiore interesse di un confronto sul tema.
Eric Bernardini consulente di A&D
. Prevedibile è un calo significativo delle forniture.
E’ possibile che entro il terzo o al più tardi nel quarto trimestre di quest’anno saranno chiari all’intera filiera i percorsi che nei prossimi anni declineranno anche i termini del paradigma dell’outsourcing che da alcuni decenni si è fortemente esteso nel sistema produttivo dell’intera catena dei produttori.
” Gli OEM non hanno ancora chiaro cosa fare con le loro linee di fornitori, ci sono molte domande cui rispondere perché prima decidano cosa fare “, afferma Eric Bernardini.
“Quello che è chiaramente prevedibile è un calo significativo delle forniture, un’estendersi d’insourcing e il riportare in house quote di produzioni”.
Per molti fornitori, i tagli ai programmi di aprile annunciati da Airbus e Boeing rappresentavano o sarebbero diventati ordini, il colpo è durissimo, anche se c’è ancora troppo ottimismo ed è diffusa un’avversione tra gli imprenditori a considerare lo scenario peggiore.
Nelle discussioni pubbliche tutte le imprese “cercano principalmente di fornire una buona immagine delle loro aziende” – sostiene Bernardini – “ è evidente che il fermo delle attività del primo trimestre non ha avuto ancora l’impatto sulle loro aziende“.
I manager hanno deciso che “la prima cosa è mantenere un ragionevole ottimismo nella ripresa“, dice Bernardini, “la seconda cosa, non facciamo vedere se siamo a corto di liquidità”.
” Poi si vedrà come ridimensionare l’azienda e anche come ristrutturare la supply chain”.
Questa situazione quasi certamente cambierà entro luglio, quando i risultati finanziari del secondo trimestre dovranno essere resi noti e anticipati agli investitori.
“Ho il sospetto che quando i numeri del secondo trimestre saranno discussi dai top manager dei player negli incontri con gli investitori, ci saranno meno ottimismo e sopratutto un diverso approccio nel condividere il danno con la loro base di fornitori“.
E’ evidente che gli OEM e i Tier 1 non saranno in grado di garantire tutti i fornitori – sostiene Bernardini – e dovranno decidere in base all’affidabilità e alle relazioni dei fornitori. Se qualcuno di loro strategico è in difficoltà, o troppo piccolo perché sopravviva a livelli di attività ridotti, saranno tentati di trasferire più lavoro, ma richiederanno ancora i prezzi applicati in passato.
Naturalmente, il fornitore sosterrà:’come posso farti lo stesso prezzo se devo lavorare con 25 turni per produrre parti che a te ne richiedono 50?’.
Il [cliente] dirà:’Beh, perché ti sto dando più volume o attività, in modo tale da poter assorbire tutti i tuoi costi fissi ‘
“Si avranno tantissime discussioni come questa e – conclude Bernardini – serviranno o meno, secondo il fornitore e il segmento della supply chain di cui stiamo parlando.”
Chris Celtruda – Aero Precision – Kellstrom Defense
I livelli di stress, e i problemi di liquidità aumentano più si va verso la base degli approvvigionamenti.
Almeno un quinto dei fornitori A&D di livello inferiore potrebbero uscire dal settore nei prossimi 18 mesi.
Alcuni andranno fuori dal mercato, sceglieranno di fondersi con altri o semplicemente si allontaneranno dall’A&D per altri settori.
“Attraverso sia il consolidamento che il logoramento, probabilmente il numero delle aziende, che uscirà dal settore sarà vicino al 20%“, afferma Chris Celtruda. “I livelli di stress, e i problemi di liquidità aumentano più si va verso la base degli approvvigionamenti.”
Potrebbe ripetersi quello che accadde con il blocco federale del 2013 – cita come esempio Celtruda- quando ci fu un improvviso alleggerimento dei piani aziendali a lungo termine, e a seguito di ciò, il 10-15% dei fornitori più piccoli uscì dal business.
Ma questa flessione è peggiore. “Non credo che vedremo un snapback o un restyling delle aziende”. “Penso che vedremo qualcosa di simile al dopo l’11 settembre“, quando ci sono voluti cinque anni perché le compagnie aeree tornassero ai livelli di attività precrisi.
“I Tier 1 e gli OEM dovranno trovare linee finanziarie di “sopravvivenza” per alcuni provider Tier 2-4 a cui sono più interessati, in particolare quelli con proprietà intellettuale e/o che sono fornitori di componenti critici”.
Antonio Ferrara (Aeropolis)
. ATR non basterà a compensare la crisi di Boeing e i tagli produttivi di Airbus
La crisi è arrivata così improvvisamente che gli OEM e anche i fornitori di primo livello dei segmenti sono a grave rischio di pagare prezzi altissimi.
Le prospettive d’imprese delle aerostrutture di territori come la Campania e Puglia, in Italia, sono enormemente esposte perché vincolate alla crisi senza precedenti di Boeing. I principali investimenti di Leonardo in questi anni sono stati per gli impianti produttivi del 787 la cui fornitura è eccessivamente frammentata e distribuita nelle due regioni.
“La supply chain è particolarmente debole e sottocapitalizzata, spesso priva di mercato oltre a quelle delle commesse del player nazionale”.
L’industria aeronautica italiana paga una collocazione poco chiara nel contesto europeo, e quella campana – in particolare – una governance istituzionale inadeguata.
Oggi la filiera fa anche i conti con il calo delle produzioni ATR che in un mercato di piccoli numeri risente pesantemente dell’andamento congiunturale della domanda. I soci di Atr hanno perso il treno del nuovo velivolo regionale e oggi investono e rincorrono qualsiasi opportunità consenta loro di allungare la vita del programma.
I player Leonardo e Avio hanno retto all’urto delle prime settimane di Covid, ma non hanno avuto il tempo di pianificare nuovi modelli di organizzazione e approvvigionamento.
Tutto questo sui fornitori più piccoli amplifica fortemente la crisi di liquidità.
I tassi di produzione degli OEM resteranno agganciati – per diversi trimestri ancora – a quelli in progressiva riduzione di consegna richiesti dai clienti, quindi le attività caleranno ulteriormente, e con loro si abbasseranno le commesse per la fornitura.
La supply chains non avrà margini temporali e finanziari per adattarsi, e molti fornitori dovranno inevitabilmente uscire dal mercato.
Kevin Michaels (MD AeroDynamic Advisory)
I rischi dei fornitori Tier 2, 3 e 4
Una delle maggiori società di consulenza per grandi clienti A&D afferma che nel lungo termine ci sarà nella base industriale un eccesso di capacità produttiva del 30-50% e si aspettano fallimenti e cessioni di attività, come logistica o produzione, mentre, altri imprenditori del settore potrebbero decidere di migrare in altri mercati.
Kevin Michaels è un editorialista e consulente aeronautico, “sono particolarmente preoccupato per i fornitori Tier 2, 3 e 4″, afferma. ” la supply chain ha subito pesantemente la “litania” degli eventi che sono accaduti” e oggi è stressata perchè ha recentemente investimento in vista di una massiccia crescita nel settore del “single aisles”.
Poi all’improvviso abbiamo avuto l’arresto del [Boeing 737] MAX, e ora abbiamo la crisi COVID-19.
“Tutto ciò espone pericolosamente non solo le imprese più deboli della fornitura”, “ pensate – richiama Michaels – che, metà della supply chain della difesa sta avendo problemi di liquidità” e che nel nord-est degli Stati Uniti c’è un “massiccio idling” dei fornitori. Sono territori ”sede di ecosistemi di produzione di motori” il pesante rallentamento è in atto in tutte le aziende dell’aerospazio e difesa degli stati di Washington, Wichita, Dallas-Fort Worth, Arizona e hubs della California.
Chris R. Celtruda (Aero Precision) Kevin Michaels (MD AeroDynamic Advisory)
I due analisti condividono che la crisi non è solo un problema dell’aviazione commerciale, ma anche una sfida decisiva per la base industriale della difesa, come dimostrano le recenti preoccupazioni del Pentagono e il rollback della produzione del Joint Strike Fighter.
Jefferies (Group LLC)
Gli analisti della banca multinazionale americana di capitali e servizi di consulenza finanziaria per le imprese, stimano che il Dipartimento della Difesa abbia accelerato 3 miliardi di dollari di pagamenti verso la Supply Chain per contenere le difficoltà delle PMI. I funzionari della difesa – affermano gli analisti della banca – riconoscono di aver imparato molto in questi ultimi mesi, in particolare quanto dipenda la base industriale aeronautica della difesa da quella del settore commerciale.
Tom Mayor (KPMG)
L’analista di KPMG ritiene che anche all’inizio della guerra del Vietnam, sia l’industria statunitense commerciale sia quella della difesa, abbiano vissuto una situazione più o meno uguale a quella di oggi. Da allora però lo scenario è cambiato al 70-80% a favore del settore commerciale e l’improvvisa stagnazione per i prossimi 3-5 anni a causa della pandemia, si ripercuoterà sull’intera base industriale .
Sheila Kahyaoglu (Jefferies)
L’attuale numero di aeromobili parcheggiati è quasi triplicato rispetto al blocco del settembre 2001 e quadruplicato rispetto alla crisi finanziaria del 2008.
C’è ancora un importante backlog ma ci aspettiamo una notevole quantità di cancellazioni e di rinvii delle consegne.
Il team di Kahyaoglu in un report pubblicato a fine maggio prevede che le consegne previste quest’anno caleranno del 30% e fino al 2023 saranno “relativamente piatte“.
Le consegne di narrowbodies dovrebbero scendere del 16% quest’anno, con la riduzione delle consegne del MAX compensata dalla minore domanda delle compagnie aeree a causa del calo per il COVID-19.
La produzione e le consegne dei wide-bodies dovrebbero diminuire del 63% nel 2020, dovute sia alla minore utilizzazione delle tratte a lungo raggio, che alla crescita più elevata delle cancellazioni internazionali.
Le dismissioni quest’anno dovrebbero interessare sostengono gli analisti fino al 3,3% delle flotte.
“Si stima che le dismissioni aumenteranno nei prossimi quattro anni fino a più del 7% nel 2023“.
“Gli aerei più vecchi, che sono attualmente parcheggiati, possono essere dismessi in modo permanente dalle compagnie aeree che cercano cosi di bilanciare l’offerta con un nuovo minore livello della domanda.” Inoltre, l’attuale numero di aeromobili parcheggiati è quasi triplicato rispetto al blocco del settembre 2001 e quadruplicato rispetto alla crisi finanziaria del 2008.
Tutto ciò significa una riduzione dei ricavi e un peggioramento degli indicatori finanziari per i fornitori, che hanno quasi tutti accresciuto personale e investimenti per soddisfare i livelli di attività di A&S (Air e Space) pre-pandemici.