Dossier – UAM Urban Air Mobility. Il velivolo costruito in Italia
PL-2C Aerauto, un velivolo per la mobilità urbana, un’intuizione italiana che oggi si ripropone ed è rincorsa dalle grandi imprese aeronautiche mondiali.
L’industria aeronautica italiana non è nel suo periodo migliore. Le cause di una lunga stagione di difficoltà delle imprese sono tutte nell’incompetenza di una classe dirigente, industriale e politica che ha lasciato disperdere le esperienze e le competenze tecnologiche maturate per decenni nel settore industriale.
In Campania, come in tutto il Paese, si sono lasciate distruggere competenze storiche che bastava solo valorizzarle e finalizzarle per costruire un futuro.
UAM, Urban Air Mobility, l’intuizione di volare nei centri urbani delle grandi città è una storia come tante che in Italia, avevano visto all’avanguardia gli ingegneri aeronautici italiani. Ma poi tutto è finito nel cono d’ombra dell’oblio.
Progettato nel 1946 dall’ing. Luigi Pellarini, con la collaborazione dell’Ing. Amilcare Porro, venne realizzato dalla “Carrozzeria Colli” di Milano e presentato alla stampa nell’agosto del 1946.
La “Carrozzeria Colli” prevedeva di metterlo in vendita al prezzo di 500.000 lire, proponendosi di risolvere in quel modo la difficoltà di spostamenti, nell’Italia del dopoguerra.
Era una delle migliori auto volanti, quella realizzata dai progettisti italiani. Era funzionante, andava e veniva praticamente senza lasciare traccia, ideate e voluta da quella generazione di progettisti che usciva dalla guerra alla fine degli anni ’40, molti dei quali a testa alta perché dal lavacro della guerra civile avevano riscattato il servilismo e la complicità con il regime mussoliniano.
L’aereo fu progettato, costruito e pilotato in Italia da Luigi Pellarini che aveva circa 30 anni quando nel 1944 si unì alla Carrozzeria Colli, azienda milanese di costruzione di autoveicoli e carrozze, per realizzare il suo primo prototipo di auto volante, la PL 1. Nel tempo ha continuato a migliorare il suo progetto e i prototipi producendo un modello nuovo ciascuno degli anni successivi.
L’Ala, una rivista italiana, pubblicò una descrizione del velivolio PL-2C, soprannominato Aerauto, nel numero di ottobre 1946. Nel 1949 Pellarini pensava che il PL-5C fosse pronto per il pubblico.
Pilotata da Leonardo Bonzi e Maner Lualdi, l’Aerauto ha volato in tutta Italia dalla fine del 1949 all’inizio del 1950, 1800 km in aria e 2200 km a terra, fermandosi a Torino, Firenze, Pisa, Roma, Napoli, Bari, Ancona, Rimini, Venezia, Treviso, Vicenza e Milano. L’Aerauto sarebbe volato in un luogo al di fuori di una città, avrebbe piegato le ali e avrebbe guidato nella città vera e propria, esattamente come avrebbe dovuto funzionare un’auto volante commerciale. Alla fine, Pellarini ha grandiosamente presentato l’Aerauto all’arcivescovo di Milano, cardinale Schuster.
Le auto volanti sono difficili da vendere nel migliore dei casi e l’economia italiana nel 1950 non è stata all’altezza delle aspettative: Pellarini non ha ricevuto ordini. Si arrese e come tanti altri europei emigrò in cerca di una clientela più ricca. Ma non in America. Verso l’Australia. Deve aver pensato che le enormi distanze e le poche città dell’Australia costituissero un mercato perfetto per una doppia auto/aereo.
Gli australiani non erano più inclini ad acquistare auto volanti degli italiani o degli americani. Quella di Pellarini ha avuto un lieto fine. Gli australiani avevano bisogno di aerei, buoni, piccoli, robusti e multiuso. Ha dato loro l’Airtruk. Sviluppato dal Bennett Airtruck, progettato in Nuova Zelanda con una tramoggia di capacità di 2200 libbre. Era ed è un velivolo agricolo specializzato, perfezionato nel corso degli anni, come cargo, sorveglianza militare e ruoli medivac, velivolo da ricognizione aerea e, sorprendentemente, trasporta un passeggero nel ponte superiore e quattro nel ponte inferiore. Molti sono stati esportati in paesi come Danimarca, Jugoslavia, Spagna, Africa, Cina e Nuova Zelanda.
L’Airtruk è ancora in uso come aereo agricolo. Ha cercato di dare alle persone l’auto volante che pensava volessero, ma ha finito per dare loro il piccolo aeroplano robusto di cui avevano davvero bisogno.
È stato uno dei primi pionieri di quella che ora è chiamata Urban Air Mobility, UAM.